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Rare che… ci rendono combattenti: storie di straordinaria normalità

di Sebastiano Crisafulli, Stefano Gelibter e Jacopo Perugini*

 

Storie di straordinaria normalità, così potremmo definire molte delle storie che i nostri pazienti ci racconta. Più che pazienti dovremmo definire le persone che noi aiutiamo ad affrontare e combattere la malattia i combattenti. É importante raccontare le storie di questi combattenti, storie veramente della loro normalità che però diventa straordinaria per il modo in cui ogni giorno devono affrontare la realtà.

Questa è la storia di Francesca, che da anni convive con la malattia di Devic. Francesca è una ragazza appassionata d’arte, amava dipingere e scattare fotografie. La malattia le ha portato via una cosa fondamentale per un artista, la vista. Questa malattia autoimmune può colpire le vie della vista, in particolare il nervo ottico, il nervo che trasmette le informazioni visive dell’occhio al nostro cervello. Senza il suo corretto funzionamento la vista può essere compromesse. Francesca non ha perso del tutto la vista, ma purtroppo, come spesso succede in questa malattia, la vista non è più quella di prima perchè la malattia ha colpito entrambi i nervi ottici.

Avviando un trattamento immunosoppressivo specifico la malattia sembra essersi placata, nonostante i danni che avesse già lasciato, ma da allora Francesca è stata colpita da una depressione  reattiva alla sua nuova condizione di “normalità” che l’aveva portata a smettere di dipingere, di disegnare e scattare fotografie. Francesca si era ritirata in casa, non esciva più con gli amici e parlava poco e mal volentieri. Tramite l’aiuto dei suoi amici, dei suoi genitori siamo riusciti a convincerla a iniziare a parlare con la psicologa del nostro centro e pian piano qualche piccolo segno di miglioramento, anche grazie all’avvio di una terapia farmacologica oltre che dell’impegno agli incontri con la psicologa, l’abbiamo notato. La svolta c’è stata quando Francesca si è avvicinata ad un altro combattente, Giulio, che frequentava la stessa psicologa, affetto dalla stessa malattia ma che aveva coinvolto le gambe, causandogli una paraparesi con impossibilità a stare in piedi senza l’aiuto di due persone. I due diventati amici si sono aiutati a vicenda e Giulio l’ha avvicinata al mondo della musica. Francesca ha iniziato a prendere lezioni di pianoforte e sebbene non si sia mai più riavvicinata alla pittura, è riuscita a trovare quel qualcosa, e anche quel/quei qualcuno, che l’hanno aiutata a combattere di nuovo.

Questa è la storia di Agata, mamma e nonna, che da qualche tempo aveva dei problemi con il funzionamento dei suoi muscoli, la cui connessione al nervo è compromessa per via della presenza di un anticorpo che si interpone e ostacola la comunicazione, causando facile faticabilità per sforzi minimi e mancanza di forza nei muscoli (nei casi più gravi la debolezza si estende ai muscoli della deglutizione con impossibilità a deglutire o a quelli della respirazione con impossibilità a respirare, e conseguente rischio di morire; questo per fortuna non era il caso di Agata). Dopo l’inizio della terapia, in cui utilizziamo il cortisone, le immunoglobuline e degli agenti per facilitare la trasmissione tra nervo e muscolo, Agata è tornata a prendersi cura dei nipotini anche se non più ai livelli di una volta. Agata ha dovuto imparare a stare attenta ai segnali di riattivazione e a venire sempre ai controlli ospedalieri e ha dovuto imparare a convivere  Non le è più così semplice dedicarsi con la stessa energia alle piccole canaglie, fa molta più fatica e deve mostrarsi meno disponibile, ma lo fa ogni volta che riesce, ogni volta combatte per riottenere quella normalità che ora, vista da fuori, è straordinaria.

Questa è anche la storia di Marco, affetto da malattia di Hungtinton. La mamma di Marco ne era affetta e la malattia l’ha portata al suicidio all’età di 46 anni. Marco non aveva mai voluto farsi testare dal punto genetico, aveva sempre scansato i rapporti amorosi vivendo di rapporti occasionali per evitare il rischio, nel caso avesse avuto la malattia, di trasmetterla ad una potenziale progenie. Marco ha però avuto i primi sintomi intorno all’età di 33 anni con un’evoluzione piuttosto rapida. Non volendo arrivare al punto in cui aveva visto negli ultimi tempi sua madre, Marco dopo un viaggio in giro per il mondo  in cui Marco ha visto e fatto tutto ciò che poteva fare, assaporare, odorare e vivere, Marco ha deciso di porre fine al suo percorso, riprendendosi una delle poche libertà che la malattia gli aveva lasciato.

Questa è la storia di Jean, un combattente che ho conosciuto in Francia. Jean ha avuto un’encefalite da anticorpi anti GFAP. Dopo un primo momento di coma e con alterazioni successive comportamentali importanti, dopo trattamento con cortisone, il quadro si è quasi del tutto risolto, ma da allora Jean fa molta fatica a concentrarsi e a stare attento, come esiti di questa importante infiammazione cerebrale. A scuola, dove prima andava molto bene, ha iniziato a non riuscire più a seguire e a memorizzare le informazioni, e le sue performance sono molto calate. Ha iniziato a soffrirne, litigare con gli altri ed essere scontroso, incrinando anche il rapporto coi genitori, che non accettavano la nuova condizione. Dopo molti incontri tra noi neurologi, psicologi e con i genitori, Jean ha deciso di lasciare la scuola e cercare un lavoro. Jean ha trovato un lavoro in una serra, si è appassionato di piante, e per quanto le difficoltà di concentrazione persistano e diano ancora fastidio e siano fonte di preoccupazione, non le vive così male come prima. Ha riallacciato i rapporti con gli amici e si è pure fidanzato con un bellissimo ragazzo che studia medicina.

 

Queste sono le storie di alcuni dei combattenti con cui abbiamo avuto a che fare. Alcune tristi altre con un finale più felice, ma tutte meritevoli di essere ascoltate e divulgate per aprire gli occhi a realtà ben lontane da quelle conosciute, realtà ordinarie e straordinarie allo stesso tempo, che ci illuminano sulla capacità umana di resistere e adattarsi e combattere per la felicità, ma allo stesso tempo alla fragilità che ognuno di noi ha al proprio interno, alle debolezze che fanno parte di noi e che a volte, soprattutto se questi combattenti vengono abbandonati a loro stessi, privi di aiuti fondamentali, possono sopraffarli.

N.B. I nomi sono di invenzione per rispettare la privacy dei nostri combattenti ma le storie per la maggior parte sono vere e solo arricchite di qualche dettaglio letterario.

 

 

*Neurologo, Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta

*Neurologo, Ospedale Niguarda di Milano

 

 

 

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Rare che… ci rendono combattenti: storie di straordinaria normalità

di Sebastiano Crisafulli, Stefano Gelibter e Jacopo Perugini*

 

Storie di straordinaria normalità, così potremmo definire molte delle storie che i nostri pazienti ci racconta. Più che pazienti dovremmo definire le persone che noi aiutiamo ad affrontare e combattere la malattia i combattenti. É importante raccontare le storie di questi combattenti, storie veramente della loro normalità che però diventa straordinaria per il modo in cui ogni giorno devono affrontare la realtà.

Questa è la storia di Francesca, che da anni convive con la malattia di Devic. Francesca è una ragazza appassionata d’arte, amava dipingere e scattare fotografie. La malattia le ha portato via una cosa fondamentale per un artista, la vista. Questa malattia autoimmune può colpire le vie della vista, in particolare il nervo ottico, il nervo che trasmette le informazioni visive dell’occhio al nostro cervello. Senza il suo corretto funzionamento la vista può essere compromesse. Francesca non ha perso del tutto la vista, ma purtroppo, come spesso succede in questa malattia, la vista non è più quella di prima perchè la malattia ha colpito entrambi i nervi ottici.

Avviando un trattamento immunosoppressivo specifico la malattia sembra essersi placata, nonostante i danni che avesse già lasciato, ma da allora Francesca è stata colpita da una depressione  reattiva alla sua nuova condizione di “normalità” che l’aveva portata a smettere di dipingere, di disegnare e scattare fotografie. Francesca si era ritirata in casa, non esciva più con gli amici e parlava poco e mal volentieri. Tramite l’aiuto dei suoi amici, dei suoi genitori siamo riusciti a convincerla a iniziare a parlare con la psicologa del nostro centro e pian piano qualche piccolo segno di miglioramento, anche grazie all’avvio di una terapia farmacologica oltre che dell’impegno agli incontri con la psicologa, l’abbiamo notato. La svolta c’è stata quando Francesca si è avvicinata ad un altro combattente, Giulio, che frequentava la stessa psicologa, affetto dalla stessa malattia ma che aveva coinvolto le gambe, causandogli una paraparesi con impossibilità a stare in piedi senza l’aiuto di due persone. I due diventati amici si sono aiutati a vicenda e Giulio l’ha avvicinata al mondo della musica. Francesca ha iniziato a prendere lezioni di pianoforte e sebbene non si sia mai più riavvicinata alla pittura, è riuscita a trovare quel qualcosa, e anche quel/quei qualcuno, che l’hanno aiutata a combattere di nuovo.

Questa è la storia di Agata, mamma e nonna, che da qualche tempo aveva dei problemi con il funzionamento dei suoi muscoli, la cui connessione al nervo è compromessa per via della presenza di un anticorpo che si interpone e ostacola la comunicazione, causando facile faticabilità per sforzi minimi e mancanza di forza nei muscoli (nei casi più gravi la debolezza si estende ai muscoli della deglutizione con impossibilità a deglutire o a quelli della respirazione con impossibilità a respirare, e conseguente rischio di morire; questo per fortuna non era il caso di Agata). Dopo l’inizio della terapia, in cui utilizziamo il cortisone, le immunoglobuline e degli agenti per facilitare la trasmissione tra nervo e muscolo, Agata è tornata a prendersi cura dei nipotini anche se non più ai livelli di una volta. Agata ha dovuto imparare a stare attenta ai segnali di riattivazione e a venire sempre ai controlli ospedalieri e ha dovuto imparare a convivere  Non le è più così semplice dedicarsi con la stessa energia alle piccole canaglie, fa molta più fatica e deve mostrarsi meno disponibile, ma lo fa ogni volta che riesce, ogni volta combatte per riottenere quella normalità che ora, vista da fuori, è straordinaria.

Questa è anche la storia di Marco, affetto da malattia di Hungtinton. La mamma di Marco ne era affetta e la malattia l’ha portata al suicidio all’età di 46 anni. Marco non aveva mai voluto farsi testare dal punto genetico, aveva sempre scansato i rapporti amorosi vivendo di rapporti occasionali per evitare il rischio, nel caso avesse avuto la malattia, di trasmetterla ad una potenziale progenie. Marco ha però avuto i primi sintomi intorno all’età di 33 anni con un’evoluzione piuttosto rapida. Non volendo arrivare al punto in cui aveva visto negli ultimi tempi sua madre, Marco dopo un viaggio in giro per il mondo  in cui Marco ha visto e fatto tutto ciò che poteva fare, assaporare, odorare e vivere, Marco ha deciso di porre fine al suo percorso, riprendendosi una delle poche libertà che la malattia gli aveva lasciato.

Questa è la storia di Jean, un combattente che ho conosciuto in Francia. Jean ha avuto un’encefalite da anticorpi anti GFAP. Dopo un primo momento di coma e con alterazioni successive comportamentali importanti, dopo trattamento con cortisone, il quadro si è quasi del tutto risolto, ma da allora Jean fa molta fatica a concentrarsi e a stare attento, come esiti di questa importante infiammazione cerebrale. A scuola, dove prima andava molto bene, ha iniziato a non riuscire più a seguire e a memorizzare le informazioni, e le sue performance sono molto calate. Ha iniziato a soffrirne, litigare con gli altri ed essere scontroso, incrinando anche il rapporto coi genitori, che non accettavano la nuova condizione. Dopo molti incontri tra noi neurologi, psicologi e con i genitori, Jean ha deciso di lasciare la scuola e cercare un lavoro. Jean ha trovato un lavoro in una serra, si è appassionato di piante, e per quanto le difficoltà di concentrazione persistano e diano ancora fastidio e siano fonte di preoccupazione, non le vive così male come prima. Ha riallacciato i rapporti con gli amici e si è pure fidanzato con un bellissimo ragazzo che studia medicina.

 

Queste sono le storie di alcuni dei combattenti con cui abbiamo avuto a che fare. Alcune tristi altre con un finale più felice, ma tutte meritevoli di essere ascoltate e divulgate per aprire gli occhi a realtà ben lontane da quelle conosciute, realtà ordinarie e straordinarie allo stesso tempo, che ci illuminano sulla capacità umana di resistere e adattarsi e combattere per la felicità, ma allo stesso tempo alla fragilità che ognuno di noi ha al proprio interno, alle debolezze che fanno parte di noi e che a volte, soprattutto se questi combattenti vengono abbandonati a loro stessi, privi di aiuti fondamentali, possono sopraffarli.

N.B. I nomi sono di invenzione per rispettare la privacy dei nostri combattenti ma le storie per la maggior parte sono vere e solo arricchite di qualche dettaglio letterario.

 

 

*Neurologo, Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta

*Neurologo, Ospedale Niguarda di Milano

 

 

 

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